Neuropatia delle piccole fibre: è importante parlarne, ma con informazioni corrette.
In questi giorni stanno circolando online diversi articoli (praticamente identici, ripresi da più testate) che parlano di neuropatia delle piccole fibre (NPF), prendendo spunto dalla testimonianza di una paziente.
Per quanto sia positivo che finalmente si dia visibilità a questa patologia complessa e ancora troppo poco conosciuta, è nostro dovere – come Associazione Italiana Neuropatia delle Piccole Fibre (AINPF) – correggere alcune informazioni errate, per garantire un’informazione chiara e basata su dati concreti.
1. I LEA del 1992 non c’entrano con il mancato riconoscimento della NPF
Nell’articolo viene affermato che la NPF non sarebbe riconosciuta dall’INPS perché la biopsia cutanea è stata introdotta in Italia nel 1998, mentre i LEA risalirebbero al 1992.
Questa informazione è completamente fuorviante:
I LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) non definiscono l’invalidità, ma stabiliscono le prestazioni sanitarie garantite ai cittadini.
Il riconoscimento per l’invalidità da parte dell’INPS dipende dalla presenza di una regolamentazione nazionale della patologia: linee guida, PDTA, codifiche ufficiali, e non certo dalla data di introduzione di un esame.
2. Il vero problema è l’assenza di una regolamentazione ufficiale della NPF
La NPF, ad oggi:
· non è regolamentata a livello nazionale,
· non ha linee guida cliniche ufficiali,
· non è inserita nei PDTA (Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali),
· non ha un codice specifico nel sistema sanitario né nei sistemi INPS.
Questo significa che:
· La maggior parte dei medici non la conosce e non sa diagnosticarla (si stima che meno del 10% dei pazienti arrivi a diagnosi),
· Non esistono protocolli condivisi, e ogni medico si muove per tentativi,
· Non c’è uniformità nella diagnosi, nel trattamento o nel riconoscimento dell’invalidità.
3. I PDTA sono il primo passo verso il riconoscimento reale
Ma cosa sono?
I PDTA sono documenti ufficiali, adottati dalle Regioni, che definiscono come deve essere diagnosticata, trattata e seguita una determinata patologia nel sistema sanitario. Coinvolgono medici di base, specialisti, ospedali e centri di riferimento.
I PDTA sono fondamentali per:
· Standardizzare la diagnosi e la gestione (coinvolgendo MMG, specialisti, centri di riferimento),
· Aprire la strada al riconoscimento nei LEA nazionali,
· Facilitare il riconoscimento dell’invalidità da parte dell’INPS.
Ma i PDTA non si creano “dall’alto”: vanno costruiti tramite comitati medico-scientifici composti da specialisti competenti e associazioni di pazienti, che collaborano per elaborare linee guida, pubblicazioni, studi e proposte legislative.
Proprio per questo è nata l’AINPF: anche su consiglio diretto del Ministero, ci stiamo attivando per costruire un Comitato Scientifico solido, organizzare convegni, corsi ECM, tavoli tecnici, raccogliere dati. Ma tutto questo richiede fondi e risorse, perché senza diagnosi certe, medici formati e dati clinici condivisi, nessuna patologia può entrare nei percorsi ufficiali.
4. No, la biopsia cutanea non è nata negli USA
In alcuni di questi articoli si legge che la biopsia cutanea per la diagnosi della NPF sarebbe stata “scoperta negli Stati Uniti”.
Falso. Lo sviluppo della tecnica risale agli anni ’90 presso il Karolinska Institute di Stoccolma (Svezia), da parte del gruppo del prof. Johan Lundström e colleghi, che hanno definito i parametri di normalità e standardizzato l’analisi della densità delle fibre intraepidermiche. Solo successivamente la metodica è stata adottata anche negli USA e in Italia (dai ricercatori degli ospedali campani e lombardi).
5. “Malattia delle gambe di legno”: un termine inesistente e fuorviante
In un articolo correlato, un medico intervistato definisce la NPF come "malattia delle gambe di legno".
Questa definizione è totalmente inventata.
Non esiste nella letteratura medica né nei manuali specialistici. L’unica espressione che storicamente si avvicina è la “sindrome dei piedi brucianti” (Grierson-Gopalan), che però rappresenta solo una piccola parte del quadro sintomatologico.
La neuropatia delle piccole fibre è una patologia complessa, che può coinvolgere sia il sistema sensoriale (dolore bruciante, formicolii, allodinia, parestesie...) sia il sistema autonomico (tachicardia posturale, disautonomia gastrointestinale, disfunzioni urinarie, alterazioni della sudorazione e della pressione arteriosa).
Ridurla a un problema “alle gambe” è non solo sbagliato, ma dannoso per i pazienti, che rischiano di essere nuovamente invalidati o malinterpretati da medici poco aggiornati.
6. La diagnosi esiste, non è un “tentativo”
La NPF non è una malattia misteriosa. Esiste un esame diagnostico oggettivo, il gold standard: la biopsia cutanea con conteggio delle fibre nervose intraepidermiche.
Non si arriva “a tentativi”, come affermato dal medico nell’articolo, ma spesso i medici non pensano nemmeno alla NPF, perché non sono formati a riconoscerla. Il vero problema non è la difficoltà della diagnosi, ma l’ignoranza diffusa intorno alla malattia.
Conclusione
Ogni giorno riceviamo segnalazioni di pazienti a cui è stata negata una diagnosi o che hanno dovuto aspettare anni per ottenerla.
Un’informazione imprecisa come quella circolata in questi giorni contribuisce ad aumentare il ritardo diagnostico, lo stigma e il dolore di chi già vive una condizione invisibile e invalidante.
Parlare di NPF è fondamentale. Ma farlo bene, con dati corretti, lo è ancora di più.
Senza alcuna polemica, ci permettiamo di suggerire che, in futuro, prima di pubblicare articoli su una patologia così "delicata" , sarebbe utile contattare professionisti e associazioni realmente competenti e attivamente impegnati sul tema.
Il Direttivo dell' AINPF